L’area interessata dal Contratto è complessivamente inserita in una zona ad altissima densità di ritrovamenti archeologici, di grande ricchezza ed interesse ai fini della ricerca e di studio, ma anche di grande valenza ai fini identitari. Numerose sono poi i siti storici che, generalmente, sono giunti a noi a seguito stratificazioni e rimaneggiamenti architettonici succedutisi nel corso dei secoli. Come risulta dall’elenco dei “Siti di interesse archeologico nel territorio provinciale”, dei 9.591 totali ritrovamenti mappati circa 1000 sono localizzabili nei Comuni di Cerveteri e di Fiumicino. Molteplici sono le tracce degli insediamenti che documentano la presenza umana stanziale sul territorio in linea praticamente ininterrotta, dalla Preistoria fino ai giorni nostri. Qui di seguito si segnaleranno solo i ritrovamenti più significativi e che hanno avuto particolare rilievo per la ricerca storico-archeologica.

Età Preistorica
Il giacimento di Torre del Pagliaccetto, in località Torrimpietra, costituisce una pietra miliare per gli studi sulla preistoria italiana, in particolare per il Paleolitico. Qui sono stati rinvenuti resti fossili di animali in una zona piuttosto estesa. Il giacimento ha evidenziato una sequenza stratigrafica significativa contenente ai livelli più bassi manufatti litici acheuleani (associati a faune come Elephas e Rinoceros Merckii) e, ai livelli superiori, industria litica del musteriano (con Bosprimigenio, Cercus elaphus e Elephas). Alla stessa fase più antica di Torre del Pagliaccetto sono attribuibili il vicino giacimento di Castel di Guido e di Malagrotta. Risulterebbe risalire allo stesso periodo anche l’imponente accumulo di ossa animali (elephas, rinoceronte, bue, bisonte, cane, leproridi, avifauna) del giacimento della Polledrara, sito sul lato sinistro dell’Arrone. Il Villaggio eneolitico Le Cerquete-Fianello, risalente a circa 4500 anni, è in località Maccarese; vista la sua importanza, parte dei resti archeologici da esso prelevati sono attualmente presso il Museo Etnografico Pigorini di Roma ed in parte presso il Museo delle Origini dell’Università Sapienza (Roma). Al Bronzo medio risalgono le prime attestazioni di stanziamenti con probabile carattere permanente e comunque di una certa consistenza. Si sono trovate 7 aree di frammenti fittili poste sui pianori e altri 14 punti con frammenti risalenti al Bronzo finale e forse all’età del Ferro; il complesso di maggiore consistenza è sulle pendici di un colle lungo l’Arrone. Questi insediamenti pare non abbiano avuto continuità di vita in età successiva. Infatti, subentra poi un lungo periodo di spopolamento da mettere in relazione con le grandi concentrazioni di popolazioni nelle aree dei grandi centri urbani di Cerveteri e Veio.
Età arcaica: etruschi
La Necropoli etrusca della Banditaccia, preservata nella sua interezza, è la più grande tra quelle che circondano la città dell’antica Caere (attuale Cerveteri) ed è di gran lunga la più vasta del mondo antico (197,57 ettari) tanto che, nel 2004, è divenuta sito UNESCO cioè Patrimonio dell’umanità. La tipologia delle singole tombe, completamente costruite in tufo, costituisce, anche nella concezione architettonica e nelle decorazioni interne, un unicum non paragonabile a nessun altro complesso esistente nell’Etruria e in qualsiasi altra parte del mondo; le tombe sono riproduzioni fedeli della tipica struttura delle case etrusche ed in tal modo forniscono un esempio unico di architettura civile dall’età arcaica al periodo tardo-ellenistico. I monumenti funerari della Banditaccia hanno preservato la loro forma architettonica e le loro decorazioni fino ai nostri tempi. Inoltre la Necropoli rappresenta una riproduzione perfetta della città abitata dai vivi e contribuisce in grande misura alla conoscenza della civiltà etrusca. I ritrovamenti della Necropoli della Banditaccia sono attualmente esposti al Museo Archeologico di Cerveteri (con sede nella Rocca di Palazzo Ruspoli). Nei territori a sud di Cerveteri, le attestazioni si intensificano a partire dalla metà del VII secolo, spesso associate a piccole necropoli con tombe a camera. Tra le testimonianze di questo periodo va citata l’oinochoaedi Tragliatella, evidenza più nota di una necropoli consistente. In questo periodo la presenza di insediamenti e necropoli permette di pensare ad una fase ormai in via di organizzazione dei centri urbani, allo sviluppo delle pratiche agricole e, verosimilmente, alla definizione della proprietà delle terre in rapporto all’incremento delle ricchezze dei ceti aristocratici. Intorno alla metà del VI secolo, l‘occupazione del territorio appare ormai avvenuta; sono infatti rintracciabili ben 217 aree di frammenti fittili, spesso con continuità di vita in epoche successive, caratterizzate dalla presenza molto numerosa di frammenti di tegole e coppi dipinti e ceramica di uso domestico (ole, bacili, rari invece i buccheri). L’estensione e la conformazione degli insediamenti permettono di ricostruire ipoteticamente i caratteri degli abitati, che soppiantano le capanne e le loro funzioni; in genere si tratta di insediamenti abbastanza estesi, con aggregazioni modeste costituite forse da più nuclei familiari. Per la fase etrusca, ricognizioni di superficie hanno portato alla scoperta di numerose aree di frammenti pertinenti a diversi insediamenti rurali di piccole e medie dimensioni, ai quali fanno capo nuclei sepolcrali con tombe a camera e a fossa in località Le Macchiozzee Fontanile della Regina. Vasi di epoca etrusca con la targhetta “Castel Campanile” sono oggi custoditi in musei degli U.S.A. e del Regno Unito. All’età arcaica risalgono anche le tracce della viabilità del territorio, la rete stradale verrà poi rettificata e migliorata, soprattutto in epoca romana, ma sempre sulla base delle strade pre esistenti, vincolate spesso dalle caratteristiche naturali. Sono stati rinvenuti, infatti, alcuni tratti esemplari di strade etrusche scavate nel tufo, le cosiddette “tagliate” che collegavano Roma a Cerveteri.
Età repubblicana
In età repubblicana, la situazione del popolamento nel territorio pare ripetere quella arcaica con una leggera riduzione degli insediamenti; quelli abbandonati sono circa la metà del totale. Ciò potrebbe dipendere dal decadimento della città di Cere. Per la viabilità si utilizza la rete arcaica, con l’aggiunta di alcuni nuovi collegamenti, in origine l’Aurelia aveva funzioni militari con stazioni di sosta; l’esistenza di questa importante via fu motivo per l’insediamento di ville romane legate alla produzione agricola o come dimore per le vacanze. Un altro sito archeologico di rilievo è Aquae Ceretane, un complesso termale, noto grazie alle fonti classiche, i cui resti sono stati riconosciuti nel 1988 in località Castel del Sasso. Si tratta di un ampio impianto composto da diversi edifici (caldarium, tepidariume ambienti di servizio) connesso a una serie di culti legati alle acque salutari: una dedica incisa su cippo di marmo si apre con l’espressione “A Giove e a Ercole delle Terme Ceretane”.
Età imperiale
Agli inizi dell’età imperiale risalgono le tracce di un numero considerevole di insediamenti che testimoniano una densità di popolamento molto significativa per l’epoca. Si riscontrano tre tipi d’insediamenti:
- insediamenti tipicamente rurali, di estensione modesta e con la presenza di strutture in materiali locali, macine, scarsa ceramica da mensa;
- insediamenti a carattere misto: parte analoga alla precedente con l’aggiunta di strutture più consistenti quali intonaco dipinto, pavimenti a mosaico, ceramica da cucina e da mensa, contenitori diversi. La presenza di ville è distribuita in maniera uniforme su tutto il territorio;
- insediamenti con ampio settore residenziale, grandi quantità di marmi, policromi, ambienti termali o riscaldati, ceramiche fini e vetri, torcularie e macine. Si ipotizza che tutti questi insediamenti avessero anche una parte rustica ma in assenza di ulteriori scavi e sopralluoghi è impossibile verificarne l’attendibilità.
In età imperiale sono attestate anche varie necropoli, con tombe costituite da una serie di piccoli ambienti, a volte intonacati e dipinti. Per l’epoca romana, le ricognizioni hanno portato alla scoperta di numerosi siti identificabili come resti di ville e piccole fattorie, servite da una rete stradale capillare, che dalla via Aurelia doveva raggiungere la via Clodia. Tutto il territorio, dal periodo repubblicano al V secolo d.C., appare intensamente sfruttato e popolato: sono stati identificati numerosi resti di ville con ambienti riccamente decorati, con mosaici e marmi e insediamenti rustici.
Medioevo
Uno degli esempi meglio conservati, sebbene ampiamente modificato nelle epoche successive, è la Rocca Ruspoli, oggi cuore del capoluogo cerveterano; l’impianto rettangolare del castello con le torri angolari, ed una seconda cinta di mura risalgono al XIII secolo. Restaurata successivamente dai Venturini, passerà agli Orsini che, con alterne vicende, la lasciano definitivamente ai Ruspoli nel 1674. La Rocca duecentesca, eretta in muratura di tufo, lava e laterizi, conserva tratti di mura etrusche risalenti al IV sec.a.C. Un vero e proprio poligono fortificato noto anche come il “Castello Orsini”. Se già a partire dal III sec. d.C. si registra una contrazione del numero degli insediamenti, le attestazioni di una loro continuità di vita non vanno oltre al V secolo. E’ ipotizzabile per i periodi successivi un abbandono quasi totale delle campagne. E’ importante sottolineare che, nei secoli dopo l’anno Mille, questo vasto territorio sia stato unificato per un periodo non breve sotto un’unica grande proprietà. Ce ne fornisce documentazione, il più antico testo scritto medievale disponibile: il testamento di Alberto dei Normanni, del 1254 che dando disposizioni per la suddivisione tra i due figli maschi dei suoi vasti possedimenti, elenca nel dettaglio tutti i castra, peraltro tra loro confinanti, che definivano un territorio circoscritto esteso a nord e a sud dal percorso della via Aurelia fino al mare, e a ovest del Fiume Arrone (ad eccezione del territorium castri Guidonis, situato ad est dell’Arrone). Al figlio Giovanni Stefano andavano: il castellum Cere (oggi Ceri, successivo al 1193), il castellum Pali (identificabile forse con il Castellaccio di Monteroni), il castellum Campanilis, il castellum Lombardi (poi assorbito dal Castrum Castiglionis), il Castellum Terni (Castrum Luterni fondato tra il XI e il XII secolo) e Sancutus Johannes Petrioli. Mentre al figlio Stefano andavano: la villa de Sancto Georgio (attuale Castello di Maccarese), il Castellum Guidonis (Castel di Guido), il Cstellum Prungianis (ora Leprignana), il Castellum Testaleporis (attestato già nel 1192) e il Castellum Castellionis cum turre de Paratora tota (antico casale di Torrimpietra con la torre attestata già nel 1018, forse a ridosso e a controllo dell’antico ponte romano, poi inglobato nel casale di Palidoro). Le presenze medievali sono tutte attestate in posizione arroccata sui pianori, per ragioni di difesa, e con possibilità di comunicazione tra l’una e l’altra: è il caso delle Torri di Pascolaro, Malvicino, Testa di Lepree dei castelli “Boccea”, “Tragliata”, “Castellaccio” sulla antica via per Caere; mentre il “Casale dei Ricci”, il “Casale di Castiglione”, il “Casale di Torrimpietra” e la Torre Pagliaccetto erano distribuite lungo l’asse Tragliata-Torrimpietra-Aurelia; lungo la costa erano invece presenti la Torre di Maccarese e la Torre di Palidoro. Tra i siti medievali di rilievo troviamo: il Castello di Torrimpietra, il Castello di Maccarese, Castel del Sasso, il borgo Tragliatella, il borgo di Ceri ed il Castrum Campanilis (Castel Campanile, chiamato anche Castellaccio), poco distante dal casale di Palidoro. Nelle epoche successive, nonostante l’abbandono delle aree, i castelli ed i borghi principali furono comunque abitati, in quanto possedimenti di importanti famiglie gentilizie romane furono ampiamente rimaneggiati e spesso ingranditi secondo il gusto architettonico delle varie epoche. Sostanzialmente, però, “[…] fino alla recente bonifica dell’Ente Maremma il territorio ha conservato in sostanza la situazione medievale, con aggiunta di pochi casali, soprattutto tra 1600 e 1800, e la modifica di alcune strade, spesso ottenuta rettificando tracciati preesistenti […]” (Tartara, pag. 44).
Paesaggio di bonifica, centri rurali, casali
In un’ampia area oggetto del CFCPER a prevalere è il paesaggio rurale con il suo frazionamento regolare, il regime delle acque mediato dalle numerose canalizzazioni, gli impianti di Idrovore risalenti addirittura alla fine dell’Ottocento, come quello di Focene, e il tipico insediamento sparso a casolari e/o a piccoli centri rurali, dove accanto agli edifici destinati alla residenza si trovano gli immobili destinati agli animali, agli attrezzi e alla conservazione delle derrate alimentari: i caratteri tipici delle aree bonificate. La grande piana di Maccarese-Pagliete, che copre una superficie di oltre 4500 ettari, la prima ad essere stata oggetto di bonifica integrale, la tenuta di Torrimpietra a nord-est e più oltre quella di Palidoro, queste due ultime confinanti con per le zone collinari dell’entroterra oggetto della Riforma agraria degli anni Cinquanta del secolo scorso. Vicende diverse che hanno però accomunato, all’indomani dell’unificazione del Paese, una stagione di profondi e radicali mutamenti del territorio, che nell’arco di pochi decenni ha trasformato profondamente gli ambienti e i paesaggi, l’economia e gli abitanti, cancellando quasi del tutto il regime antico e di longue duré e dei grandi latifondi che avevano convissuto con le vaste aree umide e paludose per dare vita a una pastorizia semibrada e ad un’agricoltura limitata a spazi contenuti per una scarsa popolazione perlopiù stagionale che si alternava seguendo i ritmi dei lavori nei campi e l’andamento della malaria. Questi paesaggi rurali più arcaici sono ancora oggi visibili in aree residue dell’originario ampio sistema lagunare naturale retrostante il sistema dunale – oggi protette come aree di particolare valore. La riconoscibilità del paesaggio di bonifica, rimasto in gran parte pressoché intatto, è data indubbiamente dalla presenza degli elementi vegetazionali dei filari frangivento di eucalipti, il frazionamento regolare degli appezzamenti, delimitati dal sistema dei canali di drenaggio e irrigazione e dalla fitta rete viaria interpoderale, ma anche dalla pressoché immutata permanenza del sistema insediativo dei centri agricoli e dei casali. Questo grande patrimonio immobiliare, pur nelle differenze e peculiarità che caratterizzano le diverse bonifiche, da ormai quasi un secolo costituisce una componente indispensabile e fortemente identitaria dell’intero territorio, percepita come tale dalle comunità dei suoi abitanti ma anche da coloro che a differente titolo usufruiscono delle sue bellezze.
Bonifica di Maccarese(1926-1938).
Bonifica di Torrimpietra (1927-1940)
I protagonisti della bonifica sono stati il Senatore Luigi Albertini, Leonardo Albertini, Niccolò Carandini che si avvalsero per la sua realizzazione di qualificate figure professionali, maestranze specializzate e braccianti. La principale innovazione sta nell’organizzazione e nel progetto del territorio inteso nella sua complessità che con una nuova idea di edilizia abitativa e rurale, non più quindi a carattere provvisorio, dà origine alle unità produttive organizzate in “centri”. La bonifica e la realizzazione dei centri rurali è il prodotto corale di più competenze tra cui emerge, nell’impostazione architettonica generale, la figura dell’architetto Michele Busiri-Vici, a cui si deve anche il restauro del Castello Falconieri, poi sede dell’azienda Torrimpietra. La realizzazione dei centri dà forma a un progetto unitario degli insediamenti che si diversificano per le attività specialistiche svolte; gli edifici abitativi si organizzano intorno ad una corte aperta con al centro un fontanile, gli edifici tecnici si situano in aree limitrofe secondo una relazione funzionale ed igienica. Ad un primo nucleo di in centri (Falconieri, Tre Denari, Granaretto, Aurelia, Arenaro, Sant’Angelo), vanno aggiunti i successivi centri della Tenuta della Leprignana (Breccia, Casetta Cavalle, Quarticciolo Barbabianca, Casal Bruciata), tutti testimoni di una realtà sociale ed economica che si fa architettura in grado di determinare una fase di trasformazione del territorio in continuità con quanto la precede stabilendo quelle nuove regole che oggi costituiscono uno dei principali aspetti identitari del luogo.
Bonifica di Palidoro (1930-1938)
Gli oltre 400 ettari che formano la tenuta di Palidoro all’atto della bonifica facevano parte del più vasto complesso fondiario di proprietà del Pio Istituto S. Spirito. In termini temporali, l’intervento di bonifica è stato l’ultimo effettuato nella piana che va da Fiumicino a Ladispoli. Il Fondo è attraversato dalla Via Aurelia che lo divide in una parte pianeggiante che degrada dalla linea ferroviaria Roma-Civitavecchia al mare ed una collinare, di grande interesse ambientale e naturalistico. In questa realtà, con la bonifica iniziata sul finire degli anni Venti e terminata nel 1938, sono state realizzate le diverse unità immobiliari, circondate da un appezzamento di terreno sufficientemente ampio da poter soddisfare le esigenze del nucleo familiare; da sempre i fondi sono stati assegnati ad affittuari, pratica tuttora vigente.