VACCARICIA STA A MACCARESE COME GLI ETRUSCHI STANNO A BENETTON

Vaccaricia : Maccarese = Etruschi : Benetton

Immaginiate di camminare lungo la via principale di Maccarese; è un lunedì sera, fa fresco e c’è poca gente in giro. Mentre siete assorti nei vostri pensieri una bellissima macchina d’epoca vi si avvicina e vi offre un passaggio. Voi decidete di accettare e come in Midnight in Paris, noto film di Woody Allen, finite per viaggiare nel tempo. In questo caso vi posso assicurare che non farete amicizia con Hemingway ma avrete l’occasione di scoprire la storia di Maccarese.

Anticamente Maccarese portava il nome di “Vaccaricia”, alludendo alle mandrie di bovini che pascolavano liberamente. Con il passare del tempo, per alterazione semantica, “Vaccaricia” si è trasformato in “Vaccarese”, fino a giungere all’odierna “Maccarese”.

Giuseppe Tommasetti, nel secondo volume della sua opera “la Campagna romana”, riporta la teoria poco nota dell’avvocato Pompilio Rodotà, secondo il quale il nome della città di Maccarese trava origine nella parola greca macarios che si traduce con “felice”, l’emozione che si prova per la bella posizione del posto.

Guardandovi attorno, non solo il nome di questa città apparirebbe diverso, ma anche il paesaggio d’innanzi a voi vi sembrerebbe estraneo: al posto dei vasti campi destinati all’agricoltura che siete abituati a vedere, vi si paleserebbe un luogo inospitale e paludoso. Già gli Etruschi, che abitavano le città sui colli circostanti, tentarono di rendere meno selvaggi quei territori costruendo delle strade per raggiungere il porto. Da allora il primo atto di bonifica avvenne solo nel 1666 con Papa Clemente IX che fece piantare migliaia di pini sulla costa sia perché sperava che riuscissero ad assorbire tutta l’acqua in eccesso, sia per proteggere le coltivazioni dal forte vento proveniente dal mare. Purtroppo non riuscì ad eliminare il problema delle paludi ma donò a questo territorio una pineta che per volere di Vittorio Emanuele III fu definita “monumentale” e che nel 2017 ha festeggiato i 350 anni di vita dell’area.

Verso la fine dell’800, quando Roma divenne la capitale, ci fu un tentativo consistente di bonifica mediante la costruzione di canali e impianti idrovori. L’impresa fu affidata all’Associazione generale dei braccianti di Ravenna e riguardava i territori di Maccarese, Campo Salino, Ostia e Isola Sacra. In breve nel novembre del 1984 sul litorale furono chiamati 50 donne e 500 braccianti romagnoli che presero il nome di “ravennati”. Questi si dividevano in due gruppi: i “terrazzieri”, che avevano il compito di realizzare gli scavi, e gli “scariolanti” che avevano il compito di trasportare il terreno dagli scavi e di realizzare gli argini.

La conclusione dei lavori della bonifica era prevista entro 48 mesi, ma le numerose difficoltà che i lavoratori dovettero affrontare, allontanò la fine dei lavori di 5 lunghi anni. Le paludi, infatti, erano un habitat ideale per la proliferazione delle zanzare, protagoniste nella diffusione delle malattie come la malaria, allora molto diffusa.

Nel 1925 ci fu un ultimo tentativo di bonifica che riuscì ad ottenere il successo decisivo. L’impresa venne promossa da una società costituita da investitori finanziari che, invogliati dalle provvidenze messe a disposizione allo Stato, avevano intenzione di bonificare la zona, mettere in produzione i terreni che avrebbero successivamente diviso in poderi e infine venduto. All’inizio degli anni ‘30, però, il crollo dei prezzi delle proprietà fondiarie e dei prodotti agricoli li colse impreparati, trovandosi così a gestire un’azienda con dei costi di gestione troppo elevati per un gruppo di investitori. Non sapendo come gestire la situazione si appoggiarono all’IRI – Istituto per la Ricostruzione Industriale.

Intanto a Maccarese erano giunti numerosi coloni veneti che si occuparono di coltivare i campi, impiantare vigneti e custodire bestiame da latte, trasformando così quest’area nella vetrina dell’agricoltura italiana.

Negli anni ‘50 ci fa una crisi economica che si concluse nel 1998 con la vendita di oltre 4500 ettari di terreno agricolo, il castello e altri edifici ai fratelli Benetton.

Gaia Pietrelli